By Gennaro Cuofano

6 anni ago

WordLift crea un grafo della conoscenza (knowledge graph) utilizzando le entità presenti nel tuo vocabolario, consentendoti di migliorare l’organizzazione interna dei tuoi contenuti.

È martedì 8 Maggio 2018 e siamo al Google I/O, la maggiore conferenza annuale per gli sviluppatori software di Google. Sundar Pichai, CEO di Google si prepara ad annunciare quella che probabilmente sarà ricordata come una delle più grandi rivoluzioni del nostro secolo.

Lo fa partendo dalla presentazione di uno strumento, chiamato Google Duplex, con queste parole:

Se hai guardato attentamente il video avrai notato alcuni aspetti interessanti. Primo, Google Duplex sembra assolutamente umano. La sua tonalità di voce, il suo ritmo, intonazione e il modo in cui incalza la conversazione rendono assolutamente impossibile capire che si tratta di una macchina.

Secondo, Google Duplex non è comandato. In altre parole, non si tratta di un programma che dietro ha un umano che gli suggerisce le risposte. L’assistente vocale è indipendente, risponde in maniera dinamica usando pause e tonalità diverse. Nel secondo esempio, quando la vittima – ignara dell’esperimento di Google – nel prendere la prenotazione al ristorante chiede se il tavolo da prenotare fosse per sette persone, Google Duplex ribatte “Umm, it’s for four people.

Terzo, non stiamo parlando di un programma che ha registrato una serie di risposte possibili e attraverso una scansione automatica ne fornisce una. Chi ha una minima familiarità del funzionamento della ricerca su Google, sa che il motore di ricerca scansiona il web visibile. Lo fa – in parte – usando un meccanismo di parole chiave. Avendo nel suo indice miliardi di pagine web, di volta in volta Google è in grado di mostrare dei contenuti rilevanti sulla base dei termini inseriti dagli utenti nella barra di ricerca.

Nel caso di Google Duplex si tratta di un meccanismo radicalmente diverso. È il tanto menzionato machine learning a fare il lavoro. In breve, Google Duplex è stato “allenato” ad utilizzare il linguaggio umano partendo da un numero indefinito di conversazioni. Quelle conversazioni per la macchina non sono altro che dati. Attraverso quei dati l’assistente vocale ha imparato a comunicare come se fosse un umano. Sulla base di un obiettivo (in questo caso prenotare un appuntamento dal parrucchiere o al ristorante) Google Duplex riesce a superare gli ostacoli della comunicazione verbale per arrivare all’obiettivo finale!

Non a caso sono partito da Google Duplex. Se questa pensavi fosse fantascienza ti sbagliavi. Google oggi è cambiato tantissimo e questa rivoluzione è avvenuta nel corso degli ultimi anni. Tutto a partire dai dati!

Oltre la parola chiave: dentro il Google knowledge graph

16 Maggio 2012, Google annuncia per la prima volta ufficialmente il lancio di un enorme Knowledge Graph:

Per quattro decenni, prima ancora che Google fosse nata, la ricerca all’interno di un database era legata all’utilizzo di parole chiave. E lo stesso discorso valeva per Google. Infatti, anche se il motore di ricerca messo su da Page e Brin aveva un meccanismo in grado di classificare meglio i contenuti rispetto ai competitor; la parte di ricerca faceva uso di un semplice matching di parole chiave.

Ma le parole chiave non sempre bastano.

Quando dico “calcio” fuori da ogni contesto, a cosa mi sto riferendo?

Lo sport che appassiona milioni di Italiani? L’elemento chimico che è presente in abbondanza nei nostri denti? O ancora a una violenta pedata?

Lo scopo del Google Knowledge Graph (in Italiano “grafo”) fu fin dal principio quello di classificare le informazioni disponibili nel web secondo una serie di relazioni. All’epoca il Knowledge Graph di Google consisteva di mezzo miliardo di oggetti e oltre tre miliardi e mezzo di relazioni e fatti circa quegli oggetti.

Se questa roba ti sembra aliena, o lontana anni luce, ricordati queste tre cose. Primo, oggi la maggior parte dei servizi tecnologici che usi (Google, Facebook, LinkedIn, Quora e via dicendo) sono costruiti su enormi grafi. Infatti, il motivo per cui queste piattaforme esistono ancora è che riescono a processare in maniera istantanea ziliardi di dati. E lo fanno grazie a questo tipo di infrastruttura.

Secondo, oggi nel mondo del marketing digitale si assiste ad un’esaltazione totale di termini come intelligenza artificiale e machine learning. Per quanto queste siano tecnologie valide. In realtà la cosa che le rende davvero efficaci è il fatto di riuscire a processare una mole enorme di dati in maniera flessibile, dinamica e veloce. Cosa pensi che permetta tutto ciò? Esatto, il Knowledge graph!

Terzo, avrai visto già decine se non centinaia di volte un grafo e non te ne eri mai accorto:

Knowledge Graph - Umberto Eco

Cercando su Google “Umberto Eco” vedrai a lato quella che potrebbe sembrare un semplice scheda informativa. Eppure eccolo lì! Quello è il grafo di Google in azione. Cosa ti sta dicendo quel grafo? Ti racconta una storia. La storia di un uomo che è stato un grande scrittore. Quindi, ti fa vedere i libri che hanno accompagnato la sua carriera letteraria. In quanto a scrittore, Umberto Eco può essere compreso meglio nel contesto letterario. Da qui Google ti mostra una serie di relazioni con altri autori.

Questo ci porta ad un altro aspetto chiave per capire Google.

Vuoi sapere come “pensa” Google? Benvenuto nel mondo dei featured snippet

Hai mai provato a chiedere qualcosa a Google? Sicuramente lo avrai fatto! Dalla più assurda alla più banale delle domande Google è un confidente per molti. Basta fare una semplice ricerca:

Google Suggest - Knowledge Graph

Scrivendo “perché” nella barra di ricerca di Google vedrai una serie di suggerimenti, il cosiddetto autocomplete. In pratica, Google ti sta suggerendo le domande più frequenti che gli vengono rivolte che iniziano con un “perché”.

Come puoi vedere ci si rivolge a Google per tutto e Google non soltanto prova a suggerirti la domanda che potresti avere, ma cerca di darti risposte in maniera istantanea.

Ad esempio, se cerco “piatti tipici di Amalfi”, Google invece di darmi una sfilza di pagine web da consultare mi fornisce una risposta chiara:

Piatti Tipici Amalfi - Featured Snippet

Ecco, questo è il cosiddetto featured snippet. In breve, si tratta di un riquadro che Google mette in risalto e che appare prima di ogni altri risultato che ha come scopo principale di fornire una risposta breve e diretta all’utente. Come noterai, in questo caso si tratta di una lista. Infatti, una lista si sposa bene all’intento di ricerca dell’utente che digita “piatti tipici di Amalfi”.

Se invece digito “impasto per la pizza napoletana” ecco cosa ottengo:

Pizza Napoletana - Featured Snippet

In altri casi vedrai semplicemente una risposta breve. Si tratta quasi sempre di risposte che si aggirano tra le 40 e le 70 parole con l’intento di fornire una risposta breve, diretta e completa.

A questo punto ti chiederai, bene e allora?

Quel box è fondamentale per due motivi.

I featured snippet si accaparrano gran parte del traffico

Molti dei publisher con cui mi sono interfacciato nell’ultimo anno e mezzo si mostravano disinteressati verso i featured snippet. Ad esempio, ricordo una discussione avuta con il proprietario di un sito che fa milioni di utenti unici ogni mese. Gli mostravo i risultati di alcuni esperimenti compiuti con WordLift sui featured snippet. E la risposta che avevo era puntualmente “non voglio lo snippet perché mi toglie traffico”.

Quel preconcetto inizialmente mi lasciava perplesso. In effetti, dai nostri esperimenti sembrava chiaro che lo snippet andava a predare gran parte del traffico in prima pagina. Uno studio del 2017 effettuato da Ahrefs su oltre due milioni di featured snippet confermava i risultati dei nostri esperimenti:

Ahref - Esperimento Featured Snippet

Fonte: ahrefs.com

Da una prima analisi sembra chiaro che i risultati di ricerca che offrono un featured snippet (colonna a sinistra) ricevono un minor numero di click. Questo ha intuitivamente senso. Infatti, se Google mi offre una risposta breve ma esaustiva, non ho bisogno di andarla ad approfondire. Allo stesso tempo, la riduzione del numero di click sulla SERP è piuttosto limitata: con e senza snippet si passa dal 70.2% al 74.2%.

C’è poi un altro dato molto interessante:

CTR medio sui Featured Snippet

Fonte ahrefs.com

Nel comparare i due scenari di risultati di ricerca con e senza il featured snippet, nel secondo caso il riquadro di Google toglie traffico al primo risultato. In parole povere, il featured snippet si accaparra buona parte del traffico in prima pagina.

A pensarci bene la cosa non dovrebbe sorprendere. Google è una pagina web. Come si sa quando su una pagina hai uno spazio maggiore rispetto ai competitor, avrai anche maggiore visibilità. Quindi, maggiori risultati (eccezioni escluse).

Un altro aspetto molto importante riguarda la ricerca vocale.

I featured snippet fanno parlare i tuoi contenuti!

Secondo uno studio di Backlinko su diecimila risultati ottenuti dal Google Home i featured snippet sembrano essere uno strumento molto potente per entrare nella ricerca vocale:

In breve, secondo lo studio di Backlinko, nel 40,7% dei casi un featured snippet diventa anche una risposta che Google utilizza all’interno dei suoi assistenti vocali.

In realtà possiamo fare questo test fin da subito. Chiedendo al mio assistente vocale Google dal mio dispositivo Android “impasto per la pizza napoletana” ecco cosa ottengo:

In pratica, parte del meccanismo intelligente di selezione dei featured snippet non viene buttato via, ma utilizzato nella ricerca vocale.

Questo ci dice che se impari a strutturare i contenuti in modo da accaparrarsi quanti più featured snippet possibile, allora entrare nella ricerca vocale con i tuoi contenuti può diventare un gioco da ragazzi!

Breve avvertimento: è importante notare che questi studi vanno presi con le pinze. Infatti, anche se prendono in considerazione un gran numero di dati, bisogna considerare che ogni giorno su Google ci sono oltre cinque miliardi di ricerche. In più, Google è in continua evoluzione. È utile tenere questi studi come un punto di riferimento iniziale e non in termini assoluti. Le percentuali che ci forniscono rappresentano un’approssimazione.

 

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